Scompare Luigi Attenasio, Presidente Nazionale di Psichiatria Democratica, strenuo difensore e attuatore della Legge di Riforma 180, psichiatra appassionato e dedito alla condizione di vita dei pazienti, internati prima, presi in cura dopo la 180, avido lettore intellettuale, animatore di convegni e dibattiti sul pensiero di Franco Basaglia e sulle trasformazioni contemporanee della concezione di malattia, sanità e delle loro determinanti storico-culturali, testimone di un sapere che interroga l’uomo sulle chiare certezze di uno scientismo il cui rovescio è il mistero della vita e l’umanità della sofferenza, scompare un amico, ideatore creativo di progetti impossibili da lui forgiati alla percorribilità.
La sua azione si è svolta tra la gente, Luigi ha cercato incessantemente il confronto per far conoscere il pensiero di trasformazione istituzionale e delle coscienze in una realtà, come quella di Roma in cui è stato Direttore di Dipartimento della ASL RMC, complicata dai molti potentati accademici pubblici e privati, lontani dall’esperienza vissuta accanto ai pazienti e vicini ai modelli burocratico-amministrativi, farmaceutico-salvifici e scientisticamente comprovati.
Nella sua pratica clinica e istituzionale s’è adoprato nel micro e nel macro, favorendo i progetti di restituzione di dignità ai “casi difficili”, spesso abbandonati nella contenzione cronica nei moderni reparti SPDC, mettendo in crisi il proprio stesso statuto di Direttore di Dipartimento, che partecipava al processo di trasformazione istituzionale delle maschere di ruolo insite nello stesso comparto di cui egli stesso era responsabile. Ha guidato, insieme ai suoi compagni come primus inter pares e accompagnato da alcuni utenti del suo dipartimento, la delegazione di Psichiatria Democratica al Parlamento Europeo, dove il Presidente di turno ha sancito il valore dell’opera dell’Associazione per la lotta allo stigma e per l’integrazione sociale e nel mondo del lavoro dell’utente portatore di disagio.
Per questo era solito collaborare con i soggetti del mondo cooperativistico, con coloro che stanno accanto al sofferente e fuori dai tavoli di contrattazione aziendale, per questo soleva rapportarsi con costoro alla stregua degli operatori di pianta organica, i cosiddetti “strutturati”, perché dava loro il potere di intervenire sul disagio, che non conosce etichette o poteri di poltrona.
Il suo pensiero attraversava anche le sofferenze come tragedie vissute dei migranti, della marginalità con cui dialogare e aiutarsi nella reciprocità come valore. Considerava l’uomo nella sua complessità, connettendo i fenomeni della marginalità attuale ai diversificati campi del sapere e del vivere, dall’arte alla politica, dal palazzo alla strada, dal centro alla periferia.
Ora dunque è il momento dei vessilliferi? Chi porterà la bandiera, chi ne sarà degno o in grado? E’ forse questa la domanda che potrebbe imporsi nel buio della coscienza del futuro. Ed è forse il Discorso che è pronto alla sua prova perché lo ospita e con lui fluisce.
Ma un uomo, quale Luigi Attenasio, di cultura mediterranea, culla del pensiero occidentale, ci ha sempre invitato a condividere il potere del dialogo socratico, in cui l’ipotesi, la tesi e l’antitesi non sono usate come strumenti per vincere sull’interlocutore, ma per continuare il nostro essere insieme a discutere e a stare con i matti che ci interrogano sul mistero della nostra quasi normalità…
Caro Luigi, il Discorso continua…